Taddeo e Giuseppe Carlone, Statua del Nettuno

Autore : Taddeo e Giuseppe Carlone

Titolo dell'opera: Statua del Nettuno

Data : 1599-1601

Ubicazione: Villa del Principe, Palazzo di Andrea Doria

Dimensioni : ignoto

Tecnica: Scultura

 

Descrizione dell'opera

La monumentale fontana, realizzata in marmo bianco, al centro del giardino a mare del Palazzo, ne costituisce il fulcro. Rappresenta il dio del mare, Nettuno, all'apice di una vasca a dodici lobi, che guida un cocchio a conchiglia trainato da tre cavalli marini. Sul bordo della vasca si trovano aquile che hanno tra gli artigli serpi e mostri marini : come sostiene Piero Boccardo, si tratta di un chiaro riferimento araldico al casato dei Doria, mentre la fisionomia del dio richiama le sembianze di Andrea Doria, a sottolinearne il potere sul mare. L'opera è caratterizzata da uno spiccato gigantismo ma occorre valutarla come una grande scenografia da giardino pensando che, nel momento in cui la struttura venne messa in opera, la sua ubicazione nella porzione di verde prossima al mare (oggi invece molto distante, dopo le moderne trasformazioni della viabilità) avrebbe dato l'idea che il gigantesco dio del mare uscisse direttamente dai flutti sul suo cocchio.

La tipologia della statua onoraria di proporzioni colossali costituisce un riscontro significativo ed eloquente; la scultura colossale del Cinquecento, infatti, rappresenta un'occasione di ripresa dell'"antico", basato ideologicamente sulla ricreazione della passata grandezza e stilisticamente sull'imitazione della scultura antica. Nell'ottica della politica culturale di Andrea Doria, quindi, la scelta di questo tipo di monumento appare funzionale ai fini dell'aulica magnificenza perseguita in ogni opera legata alla sua committenza. Due esempi precedenti alla statua realizzata dai fratelli Carlone, sono le sculture realizzate da Baccio Bandinelli e di Giovanni Andrea Montorsoli, del 1539. L'opera del primo, che si trova a Carrara, rappresenta Andrea Doria come Nettuno, con l'intento di sottolineare la supremazia navale definitivamente affermata e dimostrata. La scultura di Montorsoli, a Genova a Palazzo Ducale, è una statua colossale che rappresenta Andrea Doria con paludamento all'antica, in piedi su un basamento costituito da spoglie e dalle teste di due turchi da lui oppressi. Manca la documentazione riguardo al motivo per cui si sia verificato questo mutamento della rappresentazione; una possibile ragione si potrebbe ritrovare nella destinazione del monumento, in quanto probabilmente si sarebbe optato per un'immagine in cui prevalesse il messaggio "civile" e "politico", un soggetto cioè che esprimesse il rapporto che intercorreva tra il Doria e la Repubblica. L'idea di una statua colossale del dio del mare non venne tuttavia abbandonata: secondo il Vasari, infatti, negli anni immediatamente successivi e cioè nel corso del quinto decennio del secolo, il principe affidò proprio al Montorsoli l'incarico di realizzare per il giardino del suo palazzo una gigantesca statua in stucco del dio Nettuno, della quale però non resta alcuna traccia perchè andò distrutta prima della fine del Cinquecento. In conclusione Boccardo sostiene che sembra di poter individuare una diversa destinazione per queste due connotazioni simboliche di Andrea Doria: la prima, che si rifaceva all'iconografia romana dei condottieri e aveva i suoi precedenti nei primi ritratti ufficiali del principe, essendo mirata a mettere in risalto le virtù patrie del personaggio, doveva evidentemente essere funzionale al contesto ufficiale genovese, exemplum per i governanti e i cittadini della Repubblica; l'immagine di Nettuno, invece, allegorica delle imprese navali dell'ammiraglio, era originariamente destinata ad avere successo nell'ambito della cultura di corte del tempo, ove doveva essere stata elaborata e, nel contempo, più facilmente poteva esserne apprezzata l'allusiva valenza emblematica. Per Boccardo, per comprendere, però, come da questa situazione si sia "trasceso" e, trascurando condizioni e limiti - concettuali e temporali - dell'allegoria, si sia potuto ritenere che i ritratti di Andrea Doria dovessero per la più parte inevitabilmente evocare il dio del mare e ad un tempo in cui in ambito genovese le raffigurazioni del nume andassero pressochè univocamente riferite all'ammiraglio, è necessario indicare i fattori che devono aver determinato questa "evoluzione". La riuscita e l'efficacia dell'emblema di Nettuno indusse, infatti, successivamente alla morte del principe, al recupero e all'adozione dello stesso da parte dell'erede Giovannandrea, anche in relazione al fatto che nel 1583 quest'ultimo aveva ottenuto dal figlio di Carlo V, il re di Spagna Filippo II, la carica di ammiraglio della flotta che già aveva ricoperto il defunto prozio. Solo nell'ottica, quindi, dell'acquisizione da parte del più giovane principe Doria di quello che evidentemente era diventato un vero e proprio simbolo di quel ruolo e nella prospettiva dei nuovi programmi celebrativi per lui approntati nell'ambito del complesso residenziale, si deve collocare infatti la realizzazione della grandiosa fontana marmorea coronata da un monumentale Nettuno.

Il complesso scultoreo è stato realizzato da Taddeo, in collaborazione con il fratello Giuseppe tra il 1599 e il 1601. Si riscontra una certa difficoltà nell'affrontare le vicende professionali genovesi dei Carlone di Rovio, terra della giurisdizione di Lugano. La complessità deriva dal fatto che non si riesca a trovare una buona ragione per la quale proprio questa famiglia debba risultare privilegiata rispetto alle altre che dalla regione dei laghi lombardi vennero ad operare a Genova. I Carlone non sono neanche da annoverare tra quelle che vantano una più antica consuetudine di lavoro con la città portuale ligure. La storiografia locale nel Sei e nel Settecento dava alla famiglia Carlone di Rovio un risalto superiore ad altre conterranee. La lettura delle "Vite" di Raffaele Soprani è in questo senso istruttiva, perchè vi troviamo ben tre biografie dei suoi componenti: vi compaiono infatti i fratelli Giuseppe e Taddeo e il figlio maggiore di quest'ultimo, Giovanni. Il Soprani scrive che Taddeo assieme al fratello Giuseppe furono condotti a Genova dal padre intorno all'anno 1560 per lo studio della scultura. In seguito, bramoso di avanzarsi, Taddeo ottenne dal padre la licenza di recarsi a Roma, nella cui città oltre all'architettura si dedicò anche alla pittura e all'architettura. Il suo studio principale fu però la scultura, attività a cui si dedicò molto ritornato a Genova e per la quale fu molto stimato. Volendo il Principe Doria far costruire una superba fontana nel delizioso giardino contiguo al suo palazzo, affidò l'incarico a Taddeo. Giuseppe, nonostante non avesse la stessa maestria del fratello, fu di grande aiuto in molti lavori per Mantova, per la Francia, per la Spagna e per l'Inghilterra; lavorò anche di sua invenzione, infatti realizzò le due statue dei santi Apostoli Pietro e Paolo poste ai lati dell'Altar maggiore dentro la chiesa di Gesù e a San Siro sono suoi gli Angeli che reggono l'altare della cappella del Sacro Presepio.

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Fonti

  • Raffaele Soprani, Le Vite de Pittori, scultori et architetti genovesi e de forestieri che in Genova operarono, Genova 1674. (online su Google Books), pp. 427: "Da Giovanni Carlone Scultore d'arabefchi, e fogliami nacque in Rovio, terra della giurifdizione di Lugano, Taddeo, il quale infieme con Giufeppe fuo fratello fu dal Padre condotto a Genova intorno all'anno 1560 per lo ftudio della Scultura. Qui applicovifi qualche tempo Taddeo. Ma poi, bramofo di più avanzarfi, ottenne dal Padre licenza di paffare a Roma; ove molto affinoffi nell'incominciata Profeffione: oltre alla quale diede anche opera alla Pittura, ficcome all'Architettura: ed in ambedue lodevolmente riufcì".
  • Anonimo genovese, 1818: "Discendesi al giardino che ha una gran fontana nel mezzo, Nettuno tirato da cavalli marini, statua colossale in marmo bianco condotta da Taddeo Carlone". (online sul sito http://www.fosca.unige.it/Sezione Odeporica)
  • Federico Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, giornata sesta, Genova 1846: "Scolpito a metà del bacino in atto di domar l'elemento,e di reggere freno a' cavalli marini". (online sul sito http://www.fosca.unige.it/Sezione Odeporica)
  • Charles De Montesquieu, Addio a Genova. Al centro del giardino osserva un laghetto (allude alla fontana), con al centro Nettuno, armato di tridente e trainato da tre cavalli marini. Attorno vi sono "uccelli posati su tartarughe, delfini, tritoni da cui zampilla l'acqua" (online sul sito http://www.fosca.unige.it/Sezione Odeporica)
  • Sibilla Mertens Schaaffhausen. In una lettera datata 4 giugno e contenuta nella raccolta Dalle lettere (1835) la Schaaffhausen ricorda una sua passeggiata, con l'amica Laurina, nei giardini del Palazzo di Andrea Doria. Eccone le impressioni: "Mi sedetti sul bordo della grande vasca circondata d'aquile al cui centro Nettuno con le fattezze del grande Andrea conduce i cavalli marini".
  • Giorgio Vasari, Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri, Edizione Giuntina, Volume V, 1568, pp. 497: "il cardinale Doria scrisse di Genova al cardinal Cibo, che si trovava a Carrara, che non avendo mai finita il Bandinello la statua del principe Doria, e non avendola a finire altrimenti, che procacciasse di fargli avere qualche valentuomo scultore che la facesse, perciò che avea cura di sollecitare quell'opera".

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Bibliografia

  • Boccardo Piero e Di Fabio Clario, Genova e l'Europa continentale - Opere, artisti, committenti, collezionisti, Silvana Editoriale, Milano, 2004.
  • Boccardo Piero, Andrea Doria e le arti - Committenza e mecenatismo a Genova, Fratelli Palombi, Roma, 1989, pp. 111-115.

 

Immagini

Immagine:Nettuno.jpg Immagine:Nettuno fontana.jpg

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Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022